martedì, novembre 28, 2006

Altre correzioni.

1) Non che debba dar ragione dell’idiosincrasia per chi sottoscrive la Siae con i tumori di qualcun altro e per gli SMS robinhoodiani…quindi entro con sguardo basso contro i volontari del Centro vincenziano, poi esco con la mia spesa, una delle loro buste gialle mi sorride comunque dall’alto dei suoi dieci anni: è accattonaggio legalizzato! Lascio la mia spesa alla colletta alimentare.

2) Sto provando a correggere il mio mancinismo corretto con lo stesso metodo di mia madre: guantino da neve senza dita a serrare la mano in pugno…solo sulla destra. Troppo tardi.

3) Devo allenare il sesto senso. O un senso qualunque, tanto non li ricordo nell’ordine e comunque la priorità dipende dal contesto…per esempio a volte l’olfatto viene prima della vista, ma nella maggior parte dei casi meglio la rinite allergica che la trave nell’occhio e il pelo nell’uovo non guasta l’appetito.

lunedì, novembre 27, 2006

Per una correzione intensiva.

I tuoi fiori sono morti appena ho cercato di farne una composizione. I lottatori di sumo, in compenso, erano fantastici, ma hanno rotto i sigilli doganali con una spranga esterna. Forse la ceralacca non era adeguata. Sono arrabbiata. E con te. Oggi non ho campo e nemmeno il reggiseno. Col sarcasmo pare non si risolva niente…
Dolcetto o scherzetto? Bombe a grappoli inesplose ai nostri bambini. E’ più semplice portare una protesi che il diabete alimentare per tutta la vita, in my humble opinion.

domenica, novembre 26, 2006

Il cherubino che veste Gucci
(Visita all’amico gay che lavora per la maison)

Casa sua è un vittoriale hi-tech con tardive stravaganze levantine: bambù, sete, cuscini, cornici coloratissime, moda thai, falso antiquariato birmano, pietre tibetane. Non c’ero mai stata, semplicemente perché lui “non ha tempo”. La sua vita è un brulicante sottosuolo di incontri che alle donne etero intorno ai trenta non è dato. Sì certo, noi non frequentiamo appositi bar, saune e toilettes perché abbiamo prima la mesoterapia, il parrucchiere, il cardio-bodywork-tetteculotoneUP, le cene a casa di amici (amici di chi? Amici tra loro? Amici a gettone? Amici dei complementi d’arredo in quel loft/location del venerdì sera very cool?), il cineforum e gli aperitivi con il prossimo candidato - giacca di velluto - trendy montatura quadrangolare in carbonio che sembra alluminio - incipiente calvizie forse solo stempiatura âgée - mazzetta di giornali sotto il braccio - che cosa fai nel week end? - dormo, grazie…No dicevo, noi non-più-ragazze intorno ai trenta magari leviamo alto il canto delle sirene fino alla raucedine, ma sempre versus chi è assicurato al palo a doppio nodo. Abbiamo esaurito il sesso ludico-esplorativo del tempo delle mele, quando l’amore era una scelta tattile e nasceva dalla pelle e siamo disseccate come le foglie friabili di novembre…hai voglia tu di Vagisil-crema per un’adeguata lubrificazione delle parti intime. Il problema non è il PH! Aspettiamo il ratto di un fulmine di dio inseminatore, oppure passiamo il sabato al GRUPPOBEA® a fare incetta di piastrelle per il nido…e attente che a primavera qualcuno non lo tiri giù dalla grondaia! Insomma, l’amico gay è troppo impegnato a scopare per riceverci e noi no, perché ci siamo riscoperte caste, inumate nell’ultima vetrina in cui ci siamo specchiate e il sesso ce lo giochiamo come un bluff a carte perché tanto è del desiderio dell’altro che godiamo, non del corpo per il gusto del corpo-troie teoriche della pratica!
Poi però vogliamo confidare l’autoflagellazione all’amico gay…
Amico gay: Alle 9 però te ne vai!
4e48:Perché?
Amico gay: Arriva D., quello carino del magazzino.
4e48: Ma lo sai che sono gay friendly!
Amico gay: Si, ma io con D.ci voglio scopare, non cenare insieme a te che gli spieghi la ricetta della pasta con le patate cotta al forno senz’acqua.
4e48: Non aggiungi un posto a tavola che c’è un’amica in più? Che cucina senza dado..
Amico gay: No
4e48: E se mi faccio piccola piccola sul divano e guardo SKY con le cuffie mentre voi siete di là?
Amico gay: No
4e48: Va bene, tanto c’è la serata in stazione centrale contro la violenza sulle donne. Cuscini a terra..pure Franca Rame
Amico gay: Che palle! Tesoro da quanto tempo l’utero è tuo e te lo gestisci da sola?
4e48: Eh, quasi due mesi e mezzo, ma tra poco dovrei recuperare.
Amico gay:---
4e48:Non mi dici che mi trovi dimagrita tanto per farmi felice?
Amico gay: Dimagrita forse, sbattuta sicuramente. Non hai intenzione di fare niente per quelle mezzelune viola sotto gli occhi? Hai provato il contorno Estée Lauder ?
4e48: Amore, ma per me è un mutuo! E comunque le mie occhiaie sono costituzionali, fanno pendant con l’ombretto e sono l’unica traccia maudit che mi resta. Anzi, speriamo che sia leggibile.
Amico gay: Ma tesoro, dovresti valorizzarli questi stupendi occhietti a mandorla screziati di verde, altrimenti sembrano due taglietti spenti.
4e48: E’ quello che sono:due fessure screziate di verde e funestate di viola. Basta. Piuttosto tu. Hai fatto massa! Fai sempre gare? Mi chiami per farti la ceretta? E’l’unico sadismo che mi concedo! Ma quanto pesi?

Amico gay: 94 chili per 196 centimetri, low fat, tesoro, tutta massa.
4e48: Uhm, sei un ottimo maglio! Mi apri le gambe?
Amico gay:Amore, lo sai che non gradisco il genere.
4e48: No, ma dicevo come prova antistupro. Di solito provo con mio fratello, che però è 78 su 181.

La prova antistupro è falsata dal fatto che non si tratta di un’aggressione alle spalle, non prevede minacce, armi bianche, il branco al buio nel parco. Semplicemente un ragazzo nerboruto ma gentile deve far leva mentre io mi provoco un’ernia nel tentativo di tenere chiuse le ginocchia. L’Amico gay si presta…la resistenza contro la sua mole dura pochi secondi, ma prendiamo gusto al gioco, che ci riporta alle elementari, quando dopo il trucco e il the con le bambole, infastidita dalla sua superiore eleganza, lanciavo il guanto della lotta coi cuscini. Il ballo del qua-qua di Romina Power nel mangiadischi rosso e noi che passavamo dal fox-trott dello Zecchino d’oro a pogare in una nube centrifuga di piumine d’oca. Lui si toglieva il boa di struzzo e la vestaglia di mia madre e mi ricordava che, travestitismo in erba a parte, era pur sempre maschio e più forte.
E adesso, intorno ai 30, a identità professionali e di genere più o meno chiarite, gli sono di nuovo sotto a dimenarmi come un salmone sul suo prezioso divano…e ha la mascella quadra e la barba, ma ride come quando rubavamo i Bucaneve dalla credenza della nonna e mi fa il solletico e io gli faccio la voce della bambina dell’esorcista e sono felice. NON E’ MAI TROPPO TARDI PER AVERE UN’INFANZIA FELICE… Quando… entra D., quello carino del magazzino! E io sono arruffata e in mutande sotto l’Amico gay!

4e48: Ma gli hai dato già le chiavi di casa?

Segue cena di cui sarò autrice, mentre ai fornelli, dandogli vergognosamente le spalle, cerco di persuadere D. che il mio amico gay non è bisex, che non sto cercando di estorcergli il seme e che ho solo bisogno di infanzia e regressione. Spero vivamente si sia persuaso, altrimenti addio New Happy Childhood a Milano.

sabato, novembre 25, 2006

Sono le ore 6:30 a.m. (ei em). Have a good time...have a nice day!
(La mia sveglia bilingue).

Il tempo non mi omaggia della sua galanteria. Ma si consuma pacificamente, come la matita per il contorno occhi. Scava profondità a uno spessore liquido spalancato, che spesso si distoglie. Linea tracciante senza una griglia: ho sbavato tutto ciò che di limpido credevo di possedere! Spesse le cappe della ripetizione. La smania è quella del gatto che salta sulla sua ombra. Non mi cruccia la ricerca di qualcosa che non c'è, ma la perdita di velocità. Perdersi dentro qualcun’altro è il carico più lieve da sopportare. Capiamo lo sfiorarsi, la dissolutezza e il distacco. E le disarmate schiere dei sensi ci impongono una disciplina incostante. Nonostante debbano ritirarsi, non c’è motivo per non lasciarle sembrare.

venerdì, novembre 24, 2006

La signora delle ossa.


Forse sono antropologicamente contraria alla cremazione.
Anche se il testamento orale che professo da 15 anni auspica la dispersione delle mie ceneri dai pinnacoli rocciosi di Capodorso e un cannibalismo simbolico delle stesse da parte dei miei cari che avranno premura- quando sarò mancata al loro affetto - di confezionare una torta con qualche cucchiaiata dei resti mortali per mangiare un pezzettino di me (NO, non è macabro!)…
Sarà il periodo, sarà che parlo in dialetto con la pancia o italianizzo frasi idiomatiche…sarà questo novembre di panettoni misti a crisantemi all’Esselunga, sarà il fatto che converso con le piante o con i morti, saranno i fenomeni di Poltergeist nel mio monolocale (forse più attribuibili alla colonna fecale marcia e ad una scarsa insonorizzazione) o la circostanza che ho visto dal balcone Dumminico – mio nonno- parcheggiare la bici nel cortile interno, ma lui non è più dall’86. Comunque mi sono ricordata del 25 febbraio brinoso del 1998, giorno in cui accompagnai la nonna ad esumare il suo Minicuccio. Ho un ricordo acquamarina: la muffa che tingeva di verde la sala mortuaria e la muffa color turchese che formava piccoli cerchi sulla fronte del nonno, cui l’erba spuntava tra i capelli. La nonna gli sistemava sempre la tomba con lo stesso piglio con cui riassettava il letto. Ed era serena nel ritrovarlo lì, al quadrato 8, molto più di quando lo recuperava al bar di Capocasale dopo ore a ciabattare tra i vicoli “Non ci posso più parlare, ma mo’ so sempre dove sta e poi certe notti mi viene ancora a trovare, o che ne so, me lo sogno e basta perché è rimasto l’odore sul cuscino”. Il disagio per la putrefazione si mischiava alla nostalgia e tenevo il fazzoletto impregnato di eucaliptolo sulla bocca nel timore di chissà quale miasma. La nonna no. Salda sulle gambe. Constatava la condizione della spoglia, accovacciata, con una scopetta da focolare, una vecchia spazzola per vestiti, uno straccio imbevuto d’alcol; e puliva le ossa ad una ad una, teschio compreso. E per ogni osso faceva una stima tutta sua, ne associava la durezza alla “capa tosta”. Io cercavo di vederci altro, nelle ossa:non il nonno, ma la costanza minerale dei sassi. Il contorno complicato dello scheletro svanì senza apparenza. La nonna si riprese la fede, scivolata tra le pieghe lise della giacca. Secondo lei Minicuccio era in splendida forma.

giovedì, novembre 23, 2006

Le affacciate e le affaccendate
(una donna ha bisogno di un balcone)

C’è chi “il network e il credito di ore alla Banca del Tempo” e chi bussa alla vicina per lasciarle il bambino, o andare al mercato insieme. C’è chi fa la spesa con un clic e chi cala il paniere dal balcone. Dalle mie parti la terrazza è un crocevia: veranda abusiva, sede di fornelli “di servizio” per cucinare tutto ciò che impuzzolentisce o imbratta troppo, luogo di negotium col droghiere e col fruttivendolo ambulante che ti riempiono la sporta dalla strada e sono molto customer oriented (si ricordano a memoria la tua lista della spesa, la forma e la cottura del pane, il taglio di carne, il giorno in cui compri il latte)…alibi del pettegolezzo con la dirimpettaia, chè si potrebbe prendere un caffè in salotto, ma da donne-di-casa-delle-mie-parti si è sempre troppo discinte e con la casa in disordine per concedersi un tempo oltre il balcone. La casa impeccabile perché “se arriva qualcuno”, ma poi non arriva nessuno e si chiacchiera sporgendosi dalla ringhiera, col grembiule e il fazzoletto in testa, stendendo e ritirando i panni. Ci sono posti da cui si scappa perché ti stanno stretti come il balcone. Poi ti affacci da un’altra parte e non scorgi ampie vedute.

mercoledì, novembre 22, 2006

Casualties

Erano i tempi in cui si confondeva la guerra al terrorismo con la lotta alla panniculopatia edemato-fibro-sclerotica con enclave nelle Culotte de Cheval. Erano i tempi in cui le mozzarelle di bufala non potevano più dirigersi da Capodichino a Linate, poiché la pasta filante si prestava ad essere ricettacolo di esplosivo…e non sai quante cellule dormienti nei caseifici!.
Tutte le guerre erano asimmetriche e preventive e non giungevano più alla risoluzione dei conflitti. Solo gli attivisti di Green Peace rinunciavano alla guerriglia ambientalista e cercavano ormai la Verde Pace solo all’ombra dei cipressi. A quei tempi a Natale non ci si baciava più sotto il vischio, ma sotto il tubo catodico broadcasting Twin Towers colpite e affondate in C9 sullo skyline di Manhattan.
E ci si stringeva sul divano di casa e non più a cena fuori e non si era certi del deterrente: il caro-Euro, il divieto di fumo nei locali o la Jihād islamica? Anche tu prendesti in prestito dalla cantilena dei giornali l’idea che non fosse più il tempo di tergiversare, ma di suggellare …“Il mio diletto è per me ed io sono per il mio diletto”. Poi intervenne il dubbio: pietra toscana o cotto di Ogliara? Io restai a guardare il passaggio dell’argilla e dei colori nel fuoco.

martedì, novembre 21, 2006

Pagan pride day

Lo ha detto anche Crozza prima di leggere Dante: “Quel che è di Cesare non è più di Cesare”…o forse sì: del resto lui era imperatore, mica saltimbanco. Nonna, chiederesti a Santa Rita da Cascia - quella delle grazie impossibili- di intercedere per i miei lazzi preferiti? Io intanto non vengo più in ginocchio da te sui ceci: fa troppo male! Mi sfinisco di saghe e divento una wiccan girl.
Mi ha convinto l’idea della Società Discordiana: il principio dell’Universo è un Allegro Disordine.
No, nonnina, che hai capito? Le messe nere 666 non c’entrano niente. Satana è un demone cristiano, io non posso adorarlo. Noi beviamo idromele skyclad, di cielo vestiti. Speriamo di non turbare il sonno dei censori.

lunedì, novembre 20, 2006

Estetica del disamore
(o lo speculare infranto)

2004

Lui: Ascoltarti è…non so come dire, quando parli sei infinita

Ma perché ti vedi grossa…sei una venere callipigia.

Sei la mia casa, il mio futuro.

(Presente incerto a spicci…a partire dalle Gauloise rosse)

Lui: “Mi dai due euro?”
Io: “Sono a secco, ho preso caffè e Amarelli. Siamo senza speranze”
Lui: “Perché dici così, abbiamo NOI, il mare, la vespa, un letto”

2006

Lui: Basta, tu non dai tregua, spegniti, taci, muta…almeno un ora, fai il gioco del silenzio.

La gonna a palloncino verde acido? Diciamo che il palloncino c’è già, cioè forse non è il caso evidenziare…vai bene così ma non sei esattamente esile.

Sei la mia nemesi storica

(Presente incerto a spicci…a partire dalle Granny Smith all’Esselunga)

Io: Non so quando torno, niente Eurostar in offerta, neanche cuccette…problemi di budget..
Lui: Beh, ma adesso hai la tua scrivania. Non godi delle penne colorate, l’organizer, il calendario?
Nessuno che ti abbia offerto delle speranze?

La vendetta non è un piatto. La nemesi si compie da sé, ovvero:non hai capito che ero io l’humus?

Lui: I gerani sono bruciati e le altre piante ingiallite e piene di parassiti. E la tartaruga è morta.

Io: Scusa se ho alterato il tuo principio di realtà con gli anticrittogamici e i gamberetti essiccati a Rughina. Tu volevi credere nella fotosintesi e basta e nel fatto che i piccoli rettili si nutrano del calcare e delle muffe nella vaschetta…

domenica, novembre 19, 2006

Il callopismatismo del sabato sera e la notte tra le braccia di Carlo.

Va bene ti raggiungo! Forse più per lasciare il manuale di Storia Romana sul letto, chè questo debito post-laurea con le classi di concorso proprio non vuol sanarsi e mi rende dislessica rispetto a qualunque cronologia. Ti raggiungo con la camicia da notte sotto il maxipull al rovescio - perché il sonno mi convince più del resto- e con la piantina di Milano nello zainetto- che oltre alla diacronia ho perso anche voglia e consapevolezza di orientamento e di movimento. Ti raggiungo per smentirmi e per il piacere estetico del loft più che della festa. Però, cara bocca di rosa aulentissima, lasciami almeno il silenzioso piglio di inattualità che mi appartiene. Non mi rimproverare se non mi vesto come un’adolescente manga, con la gonna plissettata, la maglietta scentrata e i calzerotti sugli anfibi. Non è che non guardi le pagine di moda, lo so che sono i leggings, è per lapsus che li confondo con i lemmings, immaginando il branco di gambe ossute che salta giù da una scogliera, o da un ponte ferroviario. E non mi rimbeccare se non dico “Cazzo, figo quel tipo, peccato che se la tiri così tanto”…mi viene più spontaneo “Notevole quel ragazzo, peccato che sia tanto sussiegoso”. Anacronistico mi fu il verbo, ma mi esercito: “cazzo” ogni tre lemmi va bene? E poi perché mi inviti alla promiscuità di superficie come antidoto all’uggia? Come ebbi a spiegarti, chi può mettermi la lingua in bocca può infilare anche tutto il resto dove gli pare…”solo un bacio” non significa niente, non mi preserva da niente. Sì che voglio giocare anch’io, ma questo non è il mio gioco. C’è troppo frastuono per tenere in scacco, mi occorrerebbe di più un SIMPOSIO. Adesso devo andare: questo campionamento mi irrigidisce troppo, sento i legamenti come una morsa, mi fa male, lasciami andare. Torno tra le braccia di Carlo. No, non è che te l’abbia taciuto per una qualche riserva di sorta… Carlo è uno che disarma col pensiero, anzi, per usare un suo termine, "coinvortica". Che cosa c’è tra noi? Amore folle e simbiotico, cos’altro? I momenti di vita serena tra di noi sono quelli di chi sopporta una "felicità timorosa".
Com’è? Bello, agile, forte, “uno dei più intrepidi nuotatori dell'Isonzo”. Conosce “la vita fisica violenta", “le fatiche e le audacie del corpo, fra le sizze del Carso e le bore dell'Adriatico”. Perchè non l’ho portato alla festa? Beh, perchè è morto…Sì, nel 1910…suicida. Si chiamava Carlo Michelstaedter. Non mi resta che la sua tesi di laurea: La persuasione e la rettorica. Te la consiglio. Così, per capire il callopismatismo del sabato sera e perché questi tipi fighissimi mi sono in uggia.

sabato, novembre 18, 2006

Dallo Snuff movie al Peep Show : un nuovo P.O.F. per i nostri ragazzi

(Per chi non lo sapesse: P.O.F= Piano Offerta Formativa)

Poverini i figli della meglio gioventù torinese che hanno messo in rete le angherie al compagno diversamente abile:saranno bocciati ma non espulsi e dopo la Canossa mediatica potranno riabilitarsi facendo volontariato con i bambini down! Epperchè l’autorità ma non l’autoritarismo, il deficit emotivo cognitivo si può recuperare, la punizione esemplare ma pur sempre educativa…
Ma io vi ho visto, care profe affette dalla micragna burocratica della graduatoria, salire di domenica sera a Salerno su un treno per Parma dove andrete a fare la prima ora sfondate da quell’ossimorico Happy Train a dieci euro - che chi sarà mai quel copy di Trenitalia autore dell’HAPPY, ne vogliamo lo scalpo- e afflitte perché sapete che il fidanzato di otto anni , quello della veretta, che vi teneva la mano dal finestrino sul binario, avrà passato la notte con la barista. Care profe io vi ho visto e sono la mancata-una-di-voi e vi capisco: non ve ne sbatte una beata minchia.
Però colleghe, facciamo uno sforzo di immaginario individuale et sociale. Non lasciamo parlare solo gli psicologi-pederasti-sublimati dalle poltrone di Porta a Porta. Su, ragazze, siamo donne…frutto del tuo seno Gesù…
Io c’ho giusto due soluzioni.
La prima è reazionaria.
Se c’è una massima sanzione – l’espulsione?- applichiamola! L’adolescenza è claustrofobica, acneica, informe e loro vogliono sentirsi novelle Margherita Gauthier e brutti ceffi marsigliesi. Mica mettono un video in rete per cavarsela impunemente? Accontentiamoli, danniamoli, che tanto avranno tempo e sfaldate ma economicamente solide famiglie alle spalle per risalire la china. Che poi, pedagogicamente, che cosa vuol dire “volontariato con i bambini down”? Quando mai, finita la scuola, i figli della meglio gioventù torinese siederanno ancora accanto a un down per tante ore die? Forse che da amministratori delegati assumeranno segretarie con la suddetta sindrome? Forse che non eseguiranno precauzionali amniocentesi per evitare di partorirne uno? Potrebbero essere certo i medici di un handicappato, ma in quel frangente sarebbe solo il volto delle loro proteiformi parcelle!
L’altra soluzione è iperreale.
Me li ricordo i miei compagni di classe. Liceo scientifico: eravamo sei femmine in una classe di ventiquattro. Il che significa rappresentare una minoranza diversamente abile. Loro erano 18 piccoli scroti imberbi e idrofobi, con un solo credo:TO SPLATTER. Spruzzare, schizzare, cospargere, gocciolare e in senso lato denigrare. “Police request: all women stay inside their home after the dark...” Ci hanno letteralmente scotennate, spruzzate del loro onanismo, depredate delle nostre trecce sparse (eh, sì ci hanno tagliato i capelli, quelli belli, lucidi e lunghi di quando hai 15 anni, che poi non tornano più).
E tuttavia io li perdono…anche se non li perdono per aver dato fuoco alla mia traslitterazione prosaica con osservazioni, ermeneutica e commento di tutta la Divina Commedia in N infinito numero di computisterie che c’erano pure i disegni dell’inferno.
Fabio io ti troverò, ti rapirò, ti legherò ad un letto e ti farò mangiare nella ciotola del cane fin tanto che non avrai riscritto tutto in bella sotto dettatura…solo così rileggerò Dante, capisci?
Mi sono persa…ma la proposta è questa:le scuole devono destinare parte dei fondi per il materiale didattico all’acquisto di carne teatrale, sangue gel e pastiglie di sangue finto. Agli studenti verrà data la possibilità di frequentare un corso per tecnico prostetico in uno studio tipo questo http://www.sfxstudios.it e si spera che avranno il garbo di trasformare i loro snuff movies in peep movies low budget con ridicoli e approssimativi effetti speciali. Lo shooting potrebbe essere intervallato da qualche gita al mattatoio per appagare la vista con squartamenti veri e l’olfatto con il sangue nebulizzato nelle narici…sperando che la bipolarità dei futuri colletti bianchi cocaine addict si ricongiunga almeno fino alla maturità su questo doppio registro pure fiction /reality blood.
Dai è carino! Vi convince di più Crepet?

venerdì, novembre 17, 2006

COME E' ANDATA LA VENDEMMIA? (1)
(Origini)

Le botti aspettano sull’aia che la prima pioggia stringa le doghe ai cerchi. Metà agosto, dopo la festa di Materdomini (ropp 'ra maronn). Il nonno passeggia da giorni tra i filari: rimuove le foglie secche e quelle che ombreggiano i grappoli, gli acini guasti o non ancora maturi e assaggia lo zucchero. Arriva mast’Andrea a fare lo stracuongio (riparazione botti); gli rubo la stoppa e il catrame e rincorro con la mazza di legno i cerchi vecchi. Si respira cenere e alloro e finocchietto dell’acqua che bolle per la lavatura. E sto seduta su un mucchio di fave secche a fare gli scopettini con i rametti degli alberi. “Papi, aspettami per accendere i filini di zolfo che li voglio respirare”
Aspettiamo che l’alba asciughi l’acquazz’ (la rugiada) e ci affidiamo a dio col segno della croce prima della pota. Asinello e treppiedi.
Le zie cariche di fardelli: brocche di terra cotta, cestini e teglie, aglio, prezzemolo e lardo, la frittata di maccheroni scrocchiante di forno a legna con zucchero e cannella; il mio paniere piccolo di canne intessute con fili di roverella. Portare l’uva alla casetta e tenerne un po’ da appendere all’aria con la raffia. "C' vrimm' l'ann chi ven' si vo’ dio". All'anno prossimo, certo, se dio vuole.

giovedì, novembre 16, 2006

RESISTENZA ANTIBIOTICA.

DOTTORE: Nel frattempo stia lontana da persone e animali a cui vuole bene: la muffa tossica creerà ogni genere di infezione. I leucociti si sono impegnati ma hanno preso a modello gli antigeni del disturbo di gratificazione. Ora sono gli uni il calco degli altri e questo è un problema, capisce? Si cerchi un altro cervello per la biopsia.

4:48: Dottore, mi rendo conto che la salute come semplice assenza di malattia sia un concetto ampiamente superato. Ho cercato di convincere la pelle e le mucose ad essere una linea di fuoco, più che di difesa, ma gli è mancato il colostro per colpa di un’otite che impediva la suzione. E comunque ho un groppo antibiotico sull’epiglottide e non riesco più a nutrirmi. Capisce? ANTI-BIOS. Lo sapevo che i falangisti cristiani avrebbero provocato un massacro nel campo profughi.
E poi, di notte soprattutto, le pastiglie dei freni non riesco a ingoiarle. Mi restano sulle meningi e non dormo.

DOTTORE: Guardi, posso solo consigliarle 30 gocce di tintura di echinacea e olio essenziale di malaleuca, insieme ad un periodo di INTER(n)AZIONE. E provi anche con i libri-game. Ne ho una pila in sala d’attesa prenda pure. Preferisce i didattici o i fantasy?

4:48: Fantasy.

DOTTORE: Ma bene, allora possiamo giocare insieme. Solo che io ho fatto il test citotossico diversi anni fa e ho già debellato numerose intolleranze. Siamo a due livelli di gioco diversi che si contemplano solo nelle istruzioni. Capisce?

4:48: Senz’altro.

mercoledì, novembre 15, 2006

DELL’AMOR SACRO E DELL’AMOR PROFANO

Fenomenologia dell’orgasmo perduto.

Ho appena visto in dvd “Sesso? Grazie, tanto per gradire”, un’interpretazione di Franca Rame.
Certo che le biografie femminili sono plebiscitarie nelle analogie, quasi bulgare: l’epifania del pene, l’amore, la presunta frigidità, le molestie, l’aborto…Insomma tutte disgrazie falliche.
Siccome faccio parte della saga mi cimento anch’io. La compagna 4:48 porta la sua testimonianza- come si dice in certi collettivi di sinistra. La compagna 4:48 ci parlerà di orgasmo (se lo può fare quella sciura tanto distinta di Franca Rame…).

La parola, di per sé non richiama estasi e godimento con quell’ORG che fa tanto regimental, schedule, programmaticità, e ASMO che evoca sincope, affanno, debito d’ossigeno. Comunque accettiamola per convenzione del Regno dei Parlanti dei Significati Immutanti.
Ho associato spesso il termine al piloro perché “orgasmo del piloro” è ciò che accade sorbendo a lungo un Lindor rosso. Appreso che il topos era sbagliato, mi recai anch’io a uno di quei seminari di autocoscienza femminista tenuti in luoghi ameni come Marina di Camerota.
Qui una suffragetta pentita predicava una teoria Stanislavskij secondo cui bisogna innanzitutto immedesimarsi nella parte per poi convincersi della simulazione. E’ falso. Ed è anche falso che la liberazione inizi puntandosi uno specchio sulle parti basse per vedervi riflessa un’orchidea o chessò, una bocca-di leone. Quest’estetica imposta della trasfigurazione florovivaistica…e se una volesse vederci un grumo livido? Una piaga da decubito. Mbè?
Certo occorre non sentirsi invase, abusivamente occupate durante la copula e soprattutto non presentificare il santino dei propri genitori ai piedi del letto. Capita infatti che essi, bechè vivi e vegeti a guardare Porta a Porta nel tinello della propria dimora, vi appaiano come le anime di Rosemary Altea. Se poi soffrite un periodo di particolari tensioni emotive vi comparirà innanzi tutta un’Antologia di Spoon River. Intrusi a parte, occorre un certo affiatamento con il complemento agente. Non è necessario affiatamento invece con eventuale complemento di causa efficiente (quello che di solito non ha nome proprio, né corpi cavernosi e vibra).
Altro requisito è che il complemento d’agente non patisca precocità disfunzionali allo scopo. Difficile quantificare: in linea di massima 7 minuti sono più che sufficienti solo per la testina rotante di Braun (lo spazzolino).
Soddisfatte queste premesse non chiedetevi chi sarà innamorato di chi e per quanto: le endorfine crollano e le lacrime salgono. Cosa? Vi sentireste molto più a vostro agio con la tutina di latex e il gatto a nove code invece che in questo habitus novus di madonnina stilnovistica di cui far cogliere il prezioso fiore? Non spazientitevi. Voi siete in queste vesti per avere in cambio l’Amore, quello con la A maiuscola. Rilassatevi, fategli spazio, non costruite barriere architettoniche con i vostri muscoli pelvici. Inspirate ed espirate, siate prensili, ma non come chele. Siete una forma concava…ospitali..fatelo sentire a casa! Cosa? Ah già, il vostro orgasmo! Signore datevi tempo e soprattutto abbiate fede: si tradurrà in un cerchietto d’oro giallo al dito.

martedì, novembre 14, 2006

Storie dal bestiario di una vita fa: Sara.

Romanzo in molteplici puntate: dipende dall’anamnesi

(Avete visto Twin Peaks e la vita di Laura Palmer vi sembrava morbosa? Non avete mai frequentato il mio liceo)

Era stato un caso di serendipità invertita.
Un sincrono sinistro tra

1)“Sara, svegliati è primavera.Sara, sono le sette e tu devi andare a scuola,Sara, prendi tutti i libri e accendi il motorinoe poi attenta, ricordati che aspetti un bambino.”

che passava su Radio Blue Star by Castel San Giorgio ( che poi perché BY, si può mica dire in inglese? Forse che l’emittente era finanziata dall’Assessorato alla Cultura? O forse mi sbaglio io) mentre

2) il suo ragazzo faceva sesso su di lei,
3) qualche trigono di Saturno
4) e il caso di omonimia tra lei e quella disgraziata cantata da Venditti

avevano portato anche lei – Sara di castel San Giorgio- a svegliarsi in primavera e ad accorgersi di aspettare un bambino. Chissà da quanto.
E sì, perché le sue regole- a dispetto del nome- di puntuale avevano ben poco. Soprattutto quando c’erano le gare e bisognava essere aerodinamiche come il nastro – non un chilo di più altrimenti l’esercizio cambia.
Ai collegiali di Fano le regole erano sparite da un po’. Chissà se quei due cucchiai di riso cotto di nascosto sotto l’acqua bollente delle docce le avrebbero aiutate a tornare. Ma del resto: se sei una promessa duri fino a venticinque anni. Cosa vuoi che siano dieci anni di regole sballate ?
Certo, se a Fano fosse salita sul podio, nonostante i piedi piatti – che hai voglia di lavorarci- la medaglia l’avrebbe tenuta lontana da Carmine. Se hai le gare alle 10 di sera sei a letto e non alla sagra della nocciola e del cinghiale.
Ma ormai la prof. gliel’aveva detto: prendi 9 in italiano, studia, tanto senza collo del piede e con quel culo a mandolino che ti sta venendo, non vai da nessuna parte.
Niente più gare, solo feste di piazza. Il nastro e la palla andavano forte, lì si che la premiavano: applaudivano e basta, senza standard e senza fiches.
Le dicevano che era secca secca, ma in fondo la invidiavano quelle matrone pesanti che passavano la giornata a mangiare davanti a Rete 4.
Anche Carmine le aveva detto che era troppo secca. Però gli occhi dalle gambe non glieli staccava.
“Guarda là, ci passa un treno in mezzo, come fai a saltare con quegli stecchini?”
“Ma guarda che sono stecchini forti, tocca!”
Sarà non aveva né pudore né malizia: era solo abituata a farsi toccare e tirare nelle pieghe delle cartilagini infiammate: che i quadricipiti non fossero troppo grossi, che l’addome non fosse appannato da qualche gassosa di troppo...
Quella sera Carmine non aveva toccato niente. Le aveva detto che “se la voleva crescere”, mettersi con lei e che e che l’avrebbe “rispettata”, ma sarebbe stato geloso-molto- di quei tutù corti, non perché lei era una poco di buono, ma perché c’erano in giro dei “pervertiti” che si facevano le seghe pensando alle donne altrui e siccome i pensieri non si vedono né si possono impedire era meglio tenere le ragazze coperte e a casa.

(Forse continua…)

lunedì, novembre 13, 2006

A numero uguale corrisponde lettera uguale.

Necrosi del miocardio. Si può riparare: nail strengtheners-stylist, air artist. Tu rigenera tutta la cheratina che hai e metti un po’ di neutrogena sulle nocche, che il resto va da sé. Vuoi tutto entro oggi? Imperativo categorico. Capisco, è adamantina la tua morale. Ok, accordo un’ottava sopra i sensi, ma avrai capito: troppo cerebrale per! Salus. Corpore sano in mens opaca, come il cielo che abbiamo ossidato. Brindiamo! Al disperdersi delle nebbie. Dove? Ma come? Nel porto! Il mio! Se non molli la mano ti ci porto io. In cambio? Mi restituisci quella “stella danzante”?

domenica, novembre 12, 2006



MISSING



Limes

(Capitolo I)

Limini, soglie, uscio di casa. I confini geopolitici dei Balcani e del Medio Oriente perché nel 1999 sono andata in Croazia e Vukovar era ancora un colabrodo e qualche cecchino faceva prove di tiro al bersaglio, ma non era nella scaletta dei nostri tg; perché con qualche cooperativa sarei partita presto per la Palestina; perché ho dato diverse domeniche ad Amnesty, perché nei sotterranei di Napoli ho partecipato alle riunioni dei Comunisti Internazionalisti Linea Rossa Combattente e un ragazzo basco caldo nero e amaro come caffè appena versato mi sfiorava il braccio e con la stessa cura, la stessa grazia, lucidava la canna incernierata sulla bascula. Sono una di quelle che sposa le cause – cause perse per alcuni – meglio se oltre confine (ma anche in un campo Rom) per sentirsi solo un corpo esposto alle mine, senza storia. Certo ho viaggiato poco, perché anche per sposare le cause di certi paesi ci vogliono due lire, oppure devi decidere subito di lavorare per una ONG e io non sono mai niente fino in fondo. Certo non mi sarei fatta pagare il viaggio dai terroristi internazionalisti. Certo il mio sguardo sul mondo non è un rigurgito chick-lit. Ma non scrivo saggi di scienze politiche, non sono un’inviata, da un anno neanche Amnesty. Solo che alle guerre penso spesso, a partire da me, dal mio corpo. Una volta, al corso di piccola perfetta massaia meridionale cui mia madre mi ha iniziato a sei anni, sono inciampata nel secchio lavando a terra. Scivolando ho mandato in frantumi la porta di cristallo dell’ingresso. Le palpebre scartavetrate da questa polvere di vetro che mi faceva da caleidoscopio sanguinolento, guardavo il mio corpo confitto e le pieghe rossastre dei tagli che sgorgavano. Sgomenta, più che per il male, per le facce dei paramedici che non sapevano da dove prendermi, come ripulirmi senza crocificcermi con le lastre. Ecco, la striscia di Gaza, il Kosovo, l’ Africa per me riattualizzano quel pomeriggio di cristalli: penso alle mie schegge ed elevo il dolore alla potenza delle bombe. Più che la coscienza progressista e di sinistra, all’empatia verso le cause mi muove il soma. Forse perché il mio corpo è stato spesso confitto e dentro la guerra. Ora il mio lavoro è la “chiacchiera inta-mondana”. Ma come? Devo pensare a quale “operazione nostalgia” induca i miei coetanei all’acquisto impulsivo. Una si studia Heidegger, sposa le cause perse internazionali e poi si fa ripetitore della chiacchiera cacofonica?
Ogni giorno una piccola, insonne, ipercinetica filosofa mancata, attraversa Milano in bicicletta e col badge firma questo consenso informato.

sabato, novembre 11, 2006

DECISIONI DI COPIONE


Eric Berne, Intuizione e stati dell’Io, a cura di M. Novellino, Astrolabio, 1992

Il libro è della mia coinquilina, intonso, assottigliato dall’usura della carta, incollato dall’umidità. Di lei pubblicherò lo studio etologico a puntate: ne sto ancora catalogando le manifestazioni.

Si parla di analisi transazionale: sembra bolso e intellettuale, invece è molto divertente.
Mi spiega perché il mio ponte tra intrapsichico e relazionale è pericolante, dissestato.
Nei mie primi sei anni di vita avrei elaborato difensivamente il mio script psicologico sulla scorta di traumi reali o fantasticati inflitti dai miei genitori. Ora contamino gli stati dell’Io neopsichici (il qui ed ora) con bisogni archeopsichici insoddisfatti. E va beh, questa è la psicopatologia di tutti.
Io in particolare nascondo “un conflitto di resa orale sul piano dinamico”.

“Resa orale” mi descrive perfettamente se con il participio passato si intende la cessazione di ogni resistenza di fronte all’oralità. Insieme all’Edipo (ma che ci posso fare se nessuno mi ama come papà!), è una fase che non ho superato.
Mastico in continuazione e porto tutto in bocca. Mouth wide shut.. Mia madre ricorda la mia esplorazione orale del mondo, anche scatologica: la sabbia, il pannolino…
E quando ho smesso di mangiare, non riuscendo comunque a serrare le fauci, ho masticato fazzolettini tempo imbevuti in coca light, chè si sa: l’uomo non digerisce la cellulosa.
Adesso uso la paperella gialla per il bagnetto di mio nipote come antistress gengivale.

Poi c’è anche la seconda accezione: quella di qualche ex che riesumandoti dalle catacombe della sua rubrica ti chiama per rivangare le affinità elettive.
“Eh, sì bei tempi, quella volta a rischio di slavina sui monti Sibillini, a farci strada nella neve che si scioglieva a colpi scarponi, sperando che sotto ci fosse il sentiero… i tortelli di zucca della signora Maria al rifugio e noi che uscimmo a riveder le stelle col tuo manuale di astronomia inseguiti da un branco di cani”
“Eh si bei tempi…sai che c’ho portato anche D. dalla signora Maria, pensa un po’, stessa stanza…le immagini si sovrappongono, mi sento vecchio e sinceramente mi è venuto in mente come (BIIIP: “resa orale”). Stai sempre con P.? Sei felice?”

RESA è qui nell’ accezione di RENDIMENTO.

In entrambi i casi non capisco dove sia la psicopatologia.

Andando avanti leggo che questo “conflitto di resa orale sul piano dinamico” mi porta, nelle relazioni, a fare il gioco del “Perché non…si ma”.
Cerco “carezze sociali” (parola di Berne) attraverso questo circolo vizioso:
PROBLEMA-OBIEZIONE-OBIEZIONE-CONFUSIONE.
Prendo una persona e le dico:
“Vediamo se riesci a escogitare una soluzione che io non trovi difettosa”.
Si è vero, è proprio il mio gioco.
Deduzione: poiché il mio ponte tra intrapsichico e relazionale crolla soprattutto nelle transazioni con l’altro sesso, mi arrendo solo alle paperelle gialle che non apprezzano il rendimento.

venerdì, novembre 10, 2006

Campagna di rialfabetizzazione sintattica e sentimentale degli account.


Tre mesi, un lungo brain storming sui memorabilia, la flagranza di una postura non proprio consona e un pranzo di area in mensa per capire che sono ironica?
E il giorno dopo già mi inviti ad un evento? E sì che sono ironica, ma in quanto prevalentemente samizdat, per me in piazza non esistono gli eventi, ma solo le manifestazioni…quelle tipo BANDIERA ROSSA… “Strade di Stalingrado di sangue siete lastricate;ride una donna di granito su mille barricate.Sulla sua strada gelata la croce uncinata lo sa: d'ora in poi troverà Stalingrado in ogni città”.

L’ironia samizdat non passa per il push up e tanto meno per più o meno adeguati maquillage- anche per che se devo ottimizzare 70 vasche in piscina in pausa pranzo, non posso detergere e ridipingere rimmel più volte al giorno. Dici che il kajal mi valorizza gli occhi? Ma se ti svegli con me mi vedi senza ed è quella la tara che mi interessa. Comunque non è per declinare…non ricuso l’abbraccio. E’ che non c’è bisogno di andare in Duomo per il free hug day, va bene anche qui, respirando freschezza al limone Henkel e Guarany che millanta aroma e tostatura 100% arabica. Sì, nonostante i chakra otturati I’m able to cuddle, ma ho i miei dubbi sul catartico. Credo piuttosto deflagrante.
Ma non avevi mandato me a prendere l’acqua per bagnare il ficus beniaminus? Ah, scusa, volevi solo ricordarmi di parlarci anche un pochino.

giovedì, novembre 09, 2006

ATTINGERE

Acqua dal pozzo, trarre, ricavare, ma anche “Il mar si leva e quasi il cielo attinge” (Ariosto) e le pallottole che attingono il corpo della vittima nei rapporti dell’anatomopatologo. Toccare, raggiungere. Come la linea dell’orizzonte o come la scena del crimine?

EPIFANIA

(ORIGINI. Capitolo II)

Lello Arena/Angelo Gabriele: “Annunciazione Annunciazione Tu Marì, Marì, fai il figlio Salvatore …Salve o Regina”

Massimo Troisi/ Madonna: “Buon giorno”

Un amico (ormai i miei amici sono espedienti letterari, o catene di Sant’Antonio nella mail box) usa questo sketch di Troisi come saluto – mantra quando mi incontra (o meglio mi incontrava) irrimediabilmente catatonica sulla banchina a sfamare cefalotti. Ammantata dal mio strascico di Ofelia, già mi vedo fagocitata dalle acque e invece l’angelo Gabriele arriva, agita il gonfietto della bici a mò di spada in dotazione alle schiere celesti e io inciampo nello strascico, lo squarcio e gli svelo un sorriso.

“Salve o Regina”
“Buon giorno”

E’ la parodia di un certo teatro parrocchiale. Il fio e la pena da pagare per essere cresciuti in un posto dove la pietas religiosa popolare è un po’ invadente. Abbiamo storto il naso per la cooptazione fidelis, abbiamo firmato la pratica per lo sbattezzo, ma poi, passando per Troisi, il presepe vivente ce lo siamo ripreso.

Annunciazione! Annunciazione!

Nell’ Anno del Signore 1991 trascorrevo l’avvento inginocchiata su quattro assi inchiodati male sul sagrato (le punte acuminate sotto le rotule mi sembravano il giusto prezzo per un’indulgenza quanto meno plenaria) a provare la Beata Vergine.
Mi entusiasmava di più la parte in cui salivo sull’asinello insieme al neonato, con la di lui madre che dal basso mi rimbeccava “Tienilo bene, stai attenta alla testa, non far aprire la fontanella…” (Non ho mai capito cosa sia e dove si trovi questa fontanella sulla scatola cranica dei lattanti. So solo che se “si apre” si incorre in gravi menomazioni).
Nessuno spotlight su S. Giuseppe,un ruolo secondario. Del resto pater numquam, si è putativi fino a prova contraria.
E anche il transfert di sacralità per cui le mie compagne di classe si facevano la croce inginocchiandosi davanti a me non era male.

Natale andò liscio secondo copione. Piccoli calli cheratinosi si erano accomodati sui chiodi e, sotto le vesti, beneficiavo di un piccolo braciere spento. Il problema fu l’Epifania. Uno dei magi, invece di portare Mirra, portò diffamazione. Le voci bianche intonavano tu scendi dalle stelle, padre Epifanio le aspergeva con l’incenso e il magio delatore scatta in piedi e urla.

“Padre Epifà, questa qua la Madonna non la può fare, non è vergine, l’ho vista con uno in un portone scuro. Ieri sera io passavo col mezzo e con la luce accesa l’ho vista. Ti ho visto che ti metteva le mani addosso. Che è ti stai zitta, mò tieni scuorno (vergogna)Ieri sera pero alluccavi (urlavi)”

Padre Epifanio esitante “ Insomma è vero? Tu a 13 anni hai già perso il tuo dono più grande e vieni qua a fare la Madonna? Dopo aver fatto la svergognata nei portoni?”

Io, facendo scivolare gli arazzi azzurri dell’abito ricavato da una vecchia fodera di divano, mostro a padre Epifanio lo stampo EL CHARRO appena sotto l’ombelico.

“Sentite padre, io gliel’ho detto che mi poteva toccare solo sopra i vestiti e lui prima si è fatto brutto, poi ha detto che andava bene. Se è successo qualcosa di male l’ha fatta solo lui che si strusciava, io stavo ferma sul muretto. E poi, se ho urlato, era perché mi faceva male con la cintura e mi strozzava un poco troppo. Ho letto sul Cioè che si chiama petting e che non è proprio una cosa sporca e poi ve l’avrei chiesto in confessione sabato se era peccato, veniale, mortale e quante Ave Maria…e non c’era bisogno che veniva questo a fare la spia. E comunque, l’anno prossimo, se non posso fare la Madonna, posso fare Maddalena nella processione di Pasqua?”

Annunciazione! annunciazione!

martedì, novembre 07, 2006

QUADRO ORGANICO

“ Care signore per me delegare è il primo passo verso la speranza ed è per questo che qui si lavora dalle otto ore in su, escluse le pause caffè. Mettete i vostri pargoli sul desktop, dimenticatevi il pilates e il parrucchiere e fate la spesa on line. Se questo vi causa degli scompensi…beh, il counserlor non è stato assunto a caso ”.

Sissignore, sono specialista di mio nel dispendio senza contropartita,oltre i limiti del calcolo e dell’utile, ma non tra il neon e il linoleum del mio cubicolo. Sul desktop non si mette nulla di tattile, e i simulacri non danno calore. Io, poi, a differenza delle altre signore, con le icone sul desktop non dilaziono nulla che si possa raggiungere dopo dieci ore. E, più che un counselor, mi servono due piedi che si chiudano intorno ai miei – ghiaccini- sotto le lenzuola. Chiedo al CRAL?

lunedì, novembre 06, 2006

Le Ore Liete sono finite

Quella pasticceria da the economica e popolare, da sempre uguale a se stessa…
L’ho notata all’Esselunga, cercando zucchero e caffè da portare ai miei vicini di casa, in visita di condoglianze.
E’ morta Teresa, la nonnina, che mi ha invitato spesso a pranzo di domenica, dopo aver notato dalla finestra delle scale che cucinavo in posizione fetale sul balcone usando una spiritiera. E mi ha ospitato la prima notte di settembre a Milano…la mia coinquilina dai suoceri nella bassa e io nell’horror vacui dei miei atti mancati da manuale: le chiavi erano 800 km a sud sotto un postit con la scritta fluò: “CHIAVI DI MILANO”…

Si chiama “cuonsolo”, dalle mie parti, il cibo che si offre a una famiglia in lutto.
E forse a Milano è strano, sebbene i miei vicini siano ospitali.
Dovevo immaginarlo dalla porta chiusa che il lutto riguarda una cerchia stretta.
Hanno trovato strano anche il presente, e io,inopportuna a spiegare:
“Pechè di solito il caffè, magari zuccherato è l’unico genere di conforto che si manda giù in questi momenti”.

A casa del morto la moka sul fornello è fissa e le comari si litigano il turno per metterne su un’altra macchinetta.
“Statte ferma, faccio io”
“Nossignore, tu stai allert (in piedi) da stamattina, statt’ cionc’ (quieta)”.

A casa mia i biscotti Ore Liete sono stati spesso piatto unico del lutto. Nelle settimane dopo il funerale, alla famiglia del defunto si continua a portare cibo. Chi sta a lutto non può uscire né cucinare, deve solo “stare”, gemente, a questo tipo di dialoghi:
“Comm’e’ stat?” (Come è successo?)
“Eh,è stato un momento, non se n’e’ neanche accorto, proprio come voleva lui”
“Però comm’ è bell, pare che ride, pare vivo”
“E, finalmente ha truvat a pace”

Tra i vari prodotti da forno a casa mia arrivavano le Ore Liete. Evidentemente gli avventori non si rendevano conto dell’ossimoro. E neppure i miei parenti hanno mai fatto osservazioni in merito. E così io a 7 anni, conoscendo il significato di “ore”, ho associato “liete” al mood del rito funebre.
A quel tempo la mia maestra ci invogliò a scrivere proponendoci un amico di penna in una scuola gemellata. L’epistolario con Nunziatina prevedeva parole sbilenche e molti gadget..tipo gli insetti di gomma che uscivano dalle patatine. Quando a Nunziatina morì il gatto, infilai un biscotto nella busta, disegnai un bordo nero sul foglio di quaderno a incorniciare poche parole
“Cara Nunziatina,
sono molto liete per te”

domenica, novembre 05, 2006

Alice guarda i gatti che trangugiano in cortile mentre il suo stomaco fa le fusa.


No, non mi chiamo Alice e il titolo è sinestetico.

1) Cioè…non avevo in mente la canzone “Alice”, ma stavo pensando a De Gregori, e in particolare all’attribuzione di “ipermnesia” alla sua ex in Rimmel…quando dice “e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro”. L’amore è una pubblicità comparativa a rebours: è sempre nel passato che si pescano le ragioni di un amore dimesso o perduto. Il nuovo, la bramosia inaugurale, non c’entra niente, non è ancora niente…è solo un nuovo specchio…nuovo perché quello di prima si è infranto.


2) Dalla specularità, un volo neanche tanto pindarico, anzi proprio un gap meschino, mi porta a una riflessione sull’ Alice di Carroll e sui femminini letterari che mi inguainano – e mi inguaiano- l’esistenza da quando sono alfabetizzata, anche questi a rebours e in un cerchio di eterno ritorno.
Sono stata Alice in senso letterale dal giorno stesso che mia madre mi ha letto la favola per la prima volta, e per molti anni, avendo a disposizione lo scenario adatto nella mia infanzia bucolica.
Mi sono lanciata da un tetto finendo con una tegola confitta nella carotide – in modo non letale-, mi sono calata in un pozzo e ho nuotato nella sua acqua gelida che confluiva nella peschiera, non cercando la morte per assideramento, ma un cunicolo qualsiasi verso il Wonderland. E poi ho chiesto a mio padre un bianconiglio, l’ho piantato al centro dell’aia e lui niente, non mi ha portato da nessuna parte e non aveva neanche fretta: è rimasto impalato a tremare. Ho aspettato il rigor mortis di un tacchino appena decapitato per giocarci a croquet con la ghiaia. Ho deglutito verderame perché dalla puzza e dal colore mi sembrava una magica pozione e ho mangiato funghi crudi e pieni terra dopo averci messo sopra un lombrico e aver aspettato per ore che parlasse o fumasse un narghilè. A parte le lavande gastriche e i punti di sutura…niente worderland.

Poi viene l’adolescenza, claustrofobica e funesta, e con essa le sorelle Bronte. “Passione e morte nella brughiera”. Coltivo fantasie di morte dettagliate, e odio mio padre perché è un professore di educazione tecnica dal cuore semplice, che fa il contadino part-time. Doveva essere un vicario protestante nel ventoso Yorkshire almeno due secoli prima e permettermi di ammalarmi di tisi in collegio.

Da “Cime Tempestose”

«Ritorno adesso da una visita al mio padrone di casa: l'unico vicino con il quale avrò a che fare. Magnifico paese, questo. Credo che in tutta l'Inghilterra non avrei potuto trovare un luogo così discosto da ogni rumore mondano. Un vero paradiso del perfetto misantropo: e il signor Heathcliff ed io siamo fatti apposta per dividerci tanta solitudine. Ma che bel tipo, costui! Certo non immaginava quale calore di simpatia sentissi in cuore per lui mentre, avvicinandomi a cavallo, vedevo i suoi occhi neri muoversi, pieni di sospetto, sotto le sopracciglia, e le sue dita sprofondarsi ancor più, con un gesto di risoluta diffidenza, nel panciotto, all'annuncio del mio nome.-Il signor Heathcliff?- chiesi.Un cenno del capo fu la sua risposta.»

Questa sarà più o meno la mia idea di amore romantico.
Più tardi troverò maggiore identificazione nelle eroine del romanzo russo. Tendono sempre all'assoluto e sono sole, sole, sole, - come una quercia , come un lupo. Hanno dentro il lirismo dei greci: assumono su di sé un destino predeterminato, il tempo statico, lo spazio piatto e chiuso. Il conflitto è ben più complesso di quanto lasci pensare il loro carattere mansueto e la bellezza della tragedia sta proprio nel prendere su dì sé il dolore con leggiadria.

Aspergo il tutto con un po’ di Emily Dickinson, Sylvia Plath…
…e poi ritorno Alice. Innanzitutto nelle dismisure: sono preda di qualcosa che mi lascia espandere e poi restringere in un sottomondo grottesco e ghignante di mostri. E rischio di confondere la mia storia (Tale) con la una coda (Tail)… di paglia.

E sono
meno vittoriana,
meno integerrima,
meno lirica,
meno tragica,
più turbata,
più perturbante..
e l’unica cosa a cui posso aggrapparmi è il mio nome…

"....I'm sure I can't be Mabel, for I know all a sorts of things,and she,oh! She knows such a very little!...I'll try if I knowall the things I used to know."

PS:

Dal mio instabile soppalco Ikea sto davvero guardando i gatti in cortile che trangugiano mentre il mio stomaco fa davvero le fusa perche pieno solo di succhi gastrici, nescafè, Tè al limone Vitasnella con estratto naturale di matè, vitamine e magnesio e solo 1,3 kal x 100 ml…Lo scopo è di andare a correre tra un po’ in riserva di glucosio per consumare quelle di grasso…

sabato, novembre 04, 2006

Live in the past tense.

Non ho il fuoco sacro che porta al count down degli ovuli secondo il timing atavico che mi dovrebbe fenotipicamente appartenere. E non è mai capitato che, esaminando il prodotto interno lordo della coppia di cui facevo parte, pensassi ci fossero risorse psicologiche e materiali sufficienti alla moltiplicazione cellulare. Ma le gonadi sono moltiplicatori incauti cui invero non ho mai negato una possibilità in caso di unio-mistico-estatica.

Così capita che gli ormoni ti mettano in uno “splendido isolamento”e improvvisamente sei capace di scremature che la lowlife autoindulgente di un secondo prima non ti consentiva… Vedo tepori casalinghi, minestroni e sughi di pomodoro,piedini che corrono sul parquet che ho scelto io…tutto “caldo”. Non è che ci siano molte alternative, e le scelte mettono solo il corpo al centro, memore della libidine che ha portato a questo stato di stordimento. Ok, accetto l’astuzia della natura, ma la chimica del sortilegio svanisce e io ho dovuto tradurti in inglese tutto l’inferno di dosaggi ormonali e refertazioni e attesa e infine prostaglandina. E tu hai apologizzato per non avermi lasciato neppure un’email visto che sotto i riccioli da putto avevi già determinato “no string attached”, nonostante l’implacabile propensione.
Sarà l’ikea style di questi 30 metri quadri e il paesaggio meno mediterraneo di quello di casa, fatto sta che la memoria somatologica è davvero overwhelming.
Sai una cosa?
Mi ritrovo a considerare che è impossibile coltivare la distanza: la fragilità di questo sistema si può annullare solo metabolizzando il dubbio. Senza il dubbio sarebbe l’ utopia dell'eterna armonia. E non fa per me.
All the best,

venerdì, novembre 03, 2006

Freud definiva Shakespeare il più grande psicoanalista inglese. Nelle sue opere lo humor è la goccia di angostura su specularità, casi clinici, edipi e via dicendo. I titoli sono tutti allusivi e attraenti. Anche Freud ha pensato bene che "L'interpretazione dei sogni" fosse meglio che "Interpretazione degli incubi".
Oggi i "bugiardini esistenziali" pubblicati da "divulgatori" sbruffoni che si concedono spesso e volentieri in qualunque format tv...hanno tutto sommato titoli ottimisti e con tanto di promessa maieutica tipo "Maschio amante felice", mentre i testi con dignità scentifica ricadono sotto un vocabolario morboso e di pessimismo iperbolico..."Molestie, lato oscuro, nascere non basta, la fiducia tradita, la morte e il morire".
I nani parassiti avranno la meglio sui giganti.

giovedì, novembre 02, 2006

I would prefer not to – la formula ostinata di Bartleby, singolare scrivano-, è il mio manifesto.
In potenza assoluta,sarei anche titolare di un blog, ma in potenza ordinata,non so!
Cioè - fuor di dotta metafora aristotelico/scolastica- sono troppo indolente e contingente per dare un criterio alle parole, anche un criterio pigro/ ermetico SOGGETTO/VERBO.
Ogni tanto, a mo' di stercoraro, appallottolo un po’ di righe e le mando a qualcuno, in pixel o su carta riciclata …sperando che dalle deiezioni nasca qualcosa, se non altro un’intuizione!
Molto più spesso mi rifiuto alla narrazione, che mi fa sentire barocca nella forma e scarnificata nella materia. Mi rifiuto come Bartleby, non opponendomi,ma con indolenza bon ton. Sono per le opinioni volant: dei miei verba fin’ora manent solo le letterine di Natale sotto il piatto di papà e private epistole melò o interrotte/borderline.

Non so se riuscirò a tenere un blog…
è un’indicazione terapeutica http://sviluppina.co.uk/, e anche il copy(w)right del titolo è su licenza del terapeuta…
Io copyleft "58 kg a Milano" perché è la mia condizione di “quasi adatta”: mi sento bio-politicamente estranea e se scelgo l’assimilazionismo, devo puntare all’ebbrezza dell’osso, prima che all’assunzione. Integrazione estetica versus etica.
Ma anche no.