lunedì, novembre 06, 2006

Le Ore Liete sono finite

Quella pasticceria da the economica e popolare, da sempre uguale a se stessa…
L’ho notata all’Esselunga, cercando zucchero e caffè da portare ai miei vicini di casa, in visita di condoglianze.
E’ morta Teresa, la nonnina, che mi ha invitato spesso a pranzo di domenica, dopo aver notato dalla finestra delle scale che cucinavo in posizione fetale sul balcone usando una spiritiera. E mi ha ospitato la prima notte di settembre a Milano…la mia coinquilina dai suoceri nella bassa e io nell’horror vacui dei miei atti mancati da manuale: le chiavi erano 800 km a sud sotto un postit con la scritta fluò: “CHIAVI DI MILANO”…

Si chiama “cuonsolo”, dalle mie parti, il cibo che si offre a una famiglia in lutto.
E forse a Milano è strano, sebbene i miei vicini siano ospitali.
Dovevo immaginarlo dalla porta chiusa che il lutto riguarda una cerchia stretta.
Hanno trovato strano anche il presente, e io,inopportuna a spiegare:
“Pechè di solito il caffè, magari zuccherato è l’unico genere di conforto che si manda giù in questi momenti”.

A casa del morto la moka sul fornello è fissa e le comari si litigano il turno per metterne su un’altra macchinetta.
“Statte ferma, faccio io”
“Nossignore, tu stai allert (in piedi) da stamattina, statt’ cionc’ (quieta)”.

A casa mia i biscotti Ore Liete sono stati spesso piatto unico del lutto. Nelle settimane dopo il funerale, alla famiglia del defunto si continua a portare cibo. Chi sta a lutto non può uscire né cucinare, deve solo “stare”, gemente, a questo tipo di dialoghi:
“Comm’e’ stat?” (Come è successo?)
“Eh,è stato un momento, non se n’e’ neanche accorto, proprio come voleva lui”
“Però comm’ è bell, pare che ride, pare vivo”
“E, finalmente ha truvat a pace”

Tra i vari prodotti da forno a casa mia arrivavano le Ore Liete. Evidentemente gli avventori non si rendevano conto dell’ossimoro. E neppure i miei parenti hanno mai fatto osservazioni in merito. E così io a 7 anni, conoscendo il significato di “ore”, ho associato “liete” al mood del rito funebre.
A quel tempo la mia maestra ci invogliò a scrivere proponendoci un amico di penna in una scuola gemellata. L’epistolario con Nunziatina prevedeva parole sbilenche e molti gadget..tipo gli insetti di gomma che uscivano dalle patatine. Quando a Nunziatina morì il gatto, infilai un biscotto nella busta, disegnai un bordo nero sul foglio di quaderno a incorniciare poche parole
“Cara Nunziatina,
sono molto liete per te”

1 Comments:

At 10:21 PM, Blogger 4:48 said...

Sono specialista in ciò che nulla toglie e nulla aggiunge.
Non fido sulla costanza, ma vuoi mettere la soddisfazione di cassare tutto con un click?

 

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