domenica, dicembre 03, 2006

Mater et magistra

Per deformazione professionale lei scandisce le parole. Sillaba e cadenza le doppie e la H, relitto storico del verbo avere alitato con afflato: “HHHai preso l’aspirina?”, velare aspra e isolata dopo C, G: “Non mi hai Ki-esto il permesso”. Il suo eloquio è un dettato. E’ il suo ultimo anno di scuola e ha una prima, così la sua borsa è carica di foglie di vite, ricci di castagna, pallottoliere, alfabetiere…e scandisce a diversi decibel più del richiesto, nonostante la voce strozzata dalla cordite. Sembra bionica.

E’ una maestra: di quelle che
· Chi non capisce la sua scrittura è un asino di natura.
· Presto e bene non stanno insieme.
· Quella non è una calligrafia, sono zampe di gallina.
· Sei andato fuori tema (anche se il tema era libero).
· Non si possono sommare le mele con le pere.
( Perché? Il diverso non è sempre incommensurabile:almeno non quello ortofrutticolo, infatti posso comprare 3 mele e 2 pere e avere 5 frutti, tutti e 5 facenti funzione di spuntino pomeridiano).
· Vi metto zero spaccato sul compito, somari!
· Siete così somari che vi stanno crescendo le orecchie d’asino.
· Andate a capo, a nuovo rigo, a pagina nuova se avete finito la pagina. (La precisazione vuole evitare che qualcuno sovrascriva il rigo appena riempito o vada a capo sul banco).

Sulla cattedra ha degli spilli e un cuore di pezza. Chi la fa arrabbiare deve alzarsi dal banco e infilzare uno spillo nel cuore di pezza e lei precisa: “Ogni volta che mi fate arrabbiare è come se mi ficcaste uno spillo nel cuore! Vedete quanti spilli ci sono qui? Capite quanto mi fate soffrire?”
A giudicare dalla condotta della classe e dal suo essere afona, la crudeltà mentale della metafora non passa ai bambini del XXI secolo. Per fortuna


Lei scandisce. E mi inchioda per casa con l’acustica querula delle mie troppe vocali onomastiche. Forse dietro il suo pronunciare così chiaramente e distintamente si nasconde l’ignaro desiderio di preservarmi allo stadio evolutivo della lallazione. Io e mio fratello per lei siamo ancora “e criatur” (i bambini). Non è un lapsus: trattasi di definizione reiterata a telefono con la nonna in piena coscienza diurna, quantunque “Il trentesimo anno” sia per me Ingeborg-Bachmann-iamente vicino ad accadere, con il relativo carico da cento di sbandamento, minaccia, doveri morali, scoramento, ANSIA…

Da quando sono a Milano se n’è accorta anche lei. Che sono irrimediabilmente cresciuta.
E questo le causa una rabbia punitiva ficcante a telefono, che mi paralizza sul selciato del Sempione impedendomi di pedalare, come se si fosse inceppata la catena della bici, quando invece sono le mie gambe: disarticolate, non oleate, fuori binario. Lei mi vuole bene e parla per il mio bene, così mi ricorda che ho quasi 30 anni, non ho contributi, avrei dovuto prendere il diploma magistrale subito dopo la maturità scientifica perché il 1996 era l’ultimo anno utile per insegnare alle primarie senza laurea in scienze dell’educazione, avrei dovuto accettare la supplenza di 11 giorni nel Polesine che è sempre punteggio e ho perso il fidanzato nel 2002 (quello “legale” da paste-della-domenica per il rito prandiale dell’eterno fidanzamento, il professionista con la faccia pulita country-gentleman-colors in pantaloni ruggine a coste e con la borsa The Bridge carica di lavoro per il fine settimana che di solito era un alibi per il sesso con una collega-vecchia-amica-che-non-chiede-nulla-di-più…che poi io mica sono intransigente in funzione del sesso? Io mica sono ossessiva-compulsiva dopo la copula? Lo sono a prescindere, preventivamente, appena guardo qualcuno negli occhi! ).

Lei non ha riposto con cura il mio corredo in un armadio di tre metri per veder ingiallire la coperta di macramè. La signora che ha ricamato la mia iniziale sui “fazzoletti da letto” è morta prima di poter riempire il vuoto puntato con la lettera mancante. Michele Mirabella a Elisir ha detto che i miei ovuli stanno diminuendo, anche se ho ancora il broncio di una liceale e qualcuno mi chiede i documenti per accertarsi che non sono minore e il film non mi è vietato (ammetto che l’Eskimo rosso e la scriminatura Pippi Calzelunghe sono una sofisticazione anagrafica).

Mamma ti chiedo venia se nessuno si offre di riempire le mie ovaie dei suoi spermini e i moccichini del corredo con l’iniziale perduta. E poi lo sai che in fondo ci somigliamo, perché usiamo la frizione - speriamo solo quella - nello stesso modo, correggiamo la gittata della Panda in curva a 90 all’ora e siamo un po’ così anche fuori dell’abitacolo: bare volanti fintamente prudenti, assicurate solo da una cintura, che accelerano prima di frenare - trial and error - per poi inchiodare bruscamente, senza freccia.

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